La pandemia da COVID – 19 sta provocando un alto numero di vittime non solo tra la popolazione, ma anche tra il personale medico e sanitario. Stando agli ultimi dati diffusi, sono quasi 5000 gli operatori sanitari colpiti dal contagio, circa il 10% di chi si è sottoposto al tampone. Molti di questi non ce l’hanno fatta, pagando con la loro vita l’abnegazione e il sacrificio per il lavoro sul campo. Infatti, dietro agli elogi per gli 8000 volontari che hanno deciso di aderire alla richiesta della protezione civile per fronteggiare l’emergenza sanitaria, si nasconde una realtà difficile, che parla di una classe medico – sanitaria ormai estenuata da turni massacranti. Inoltre, dalle testimonianza giunte presso il team legale Consulcesi&Partners, gli operatori medico – sanitari lamentano una scarsa attenzione per il rispetto delle regole in materia di sicurezza sul lavoro. L’elemento più grave segnalato dai professionisti del settore è la totale assenza di adeguate misure per la protezione individuale, venendo meno a quanto previsto dall’articolo 5 del Decreto “Cura Italia”. Quest’ultimo, infatti, prevede che i dispositivi di protezione individuale debbano essere messi a disposizione prima di tutto degli operatori medico – sanitari; inoltre, le disposizioni previste dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 marzo avrebbero dovuto trovare attuazione entro 5 giorni dalla sua entrata in vigore. Stando alle disposizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, i professionisti del settore medico – sanitario devono indossare filtranti respiratori FFFP2 e FFFP3 per le procedure che generano aerosol. Inoltre, diventano obbligatori l’uso della protezione per il viso, del camice impermeabile a maniche lunghe e dei guanti. Queste importanti misure di sicurezza non sono purtroppo rispettate in molti nosocomi e, dunque, il personale si trova a lavorare in condizioni estreme, per la scarsità o manca di dispositivi di protezione individuale adeguati.
Da alcune segnalazioni è emerso come in alcuni ospedali si sia fatto ricorso ai panni swiffer, utili per spolverare, come misure di protezione individuali. Sono Sardegna, Sicilia e regioni del Sud a lanciare l’allarme più urgente. Oltre ai dispositivi di protezione, si registra anche il mancato aggiornamento delle misure, già esistenti, in tema di rischio da agenti biologici. Inoltre, molti medici liberi professionisti che lavorano in struttura private adibite in luogo di cura per i malati da Coronavirus, si sono trovati costretti ad acquistare autonomamente gli strumenti di protezione personale e a reperire da soli di una copertura assicurativa idonea per poter proseguire il loro operato in questa situazione di grave emergenza. Pertanto, Consulcesi & Partners diventa una sorta di mediatore tra la classe medica e i datori di lavoro perché, seppur consapevoli della situazione di particolare eccezionalità che si sta vivendo, si vigili sul rispetto delle tutele di sicurezza e di lavoro essenziali per tutti i professionisti del settore medico – sanitario. Infatti, all’intera categoria sarà importante riconoscere elogi nel presente e nel futuro, oltre che i minimi livelli di garanzia, di cui ha diritto ogni lavoratore. In questa situazione di emergenza, poi, la tutela e la salute dell’incolumità dei professionisti del settore dell’intera popolazione sono priorità ancora più stringenti. Il pool legale Consulcesi & Partners, invece, continua a ricevere segnalazioni, che raccontano di una situazione ancora distante da questi standard di sicurezza.