Cybercrime, sotto attacco la sanità italiana: nel mirino i dispositivi medici

È quanto emerge dal Threat Intelligence report di Exprivia secondo cui è in netto peggioramento la sicurezza dei device connessi. Per il Politecnico di Milano il 65% degli italiani favorevole alla telemedicina: 93 applicazioni già disponibili
La sanità resta un settore esposto agli incidenti di cybersicurezza: le organizzazioni italiane non proteggono ancora in modo adeguato i dispositivi medicali connessi, come apparecchi per radiografie, risonanze e microscopi, e i dispositivi indossabili per la telemedicina. È quanto si legge nell’ultimo Threat Intelligence report dell’Osservatorio cybersecurity di Exprivia.
Il trend nella sanità contrasta con le rilevazioni generali: nel primo trimestre 2024 gli attacchi informatici in Italia sono diminuiti dell’11% rispetto alla fine dello scorso anno, ma i dispositivi connessi in rete sono aumentati e risultano poco protetti, con particolari falle di sicurezza per quelli utilizzati in ambito medico.
Lo studio ha preso in considerazione 159 fonti aperte tra siti di aziende colpite, siti pubblici di interesse nazionale, agenzie di stampa online, blog e social media.
In particolare, secondo il rapporto stilato dal gruppo Ict pugliese, tra gennaio e marzo i fenomeni di cybercrime sono diminuiti a 559 casi rispetto ai 626 dell’ultimo trimestre del 2023. Il mese di febbraio ha registrato quasi la metà dei casi totali (230). Tuttavia, rispetto allo stesso periodo del 2023, gli attacchi
informatici sono aumentati del 128%, mentre gli incidenti (attacchi andati a buon fine) sono calati del 7% e le violazioni della privacy sono aumentate del 117%. Nello specifico, nei primi tre mesi del 2024, si sono verificati 437 attacchi, 96 incidenti e 26 violazioni della privacy.
Il rapporto evidenzia, inoltre, che il numero di dispositivi Iot connessi in rete in Italia è aumentato del 3% rispetto all’ultimo trimestre del 2023, raggiungendo quasi otto milioni di device. Tuttavia, la sicurezza dei dispositivi medicali intelligenti, come apparecchiature per radiografie e risonanze, microscopi e dispositivi cardiologici per la telemedicina indossabili e connessi, è peggiorata. Al contrario, il livello di sicurezza dei servizi esposti in rete è migliorato nel trimestre analizzato, un dato positivo che rende più difficile per gli
attaccanti comprometterne la reperibilità o la disponibilità, evitando così inefficienze nei sistemi.
Il furto di dati sensibili si riconferma al primo posto tra le principali tipologie di danni causati dagli hacker, rappresentando circa il 56% dei casi totali (311 su 559), sebbene in calo del 14% rispetto alla rilevazione precedente (363 casi). Al secondo posto si trova il pagamento di un riscatto (ransomware), che rappresenta circa il 27% dei casi totali, in flessione del 30% rispetto al trimestre precedente. La terza categoria di danno più comune è stata l’interruzione di servizio, ovvero l’arresto del normale funzionamento della rete, di un’applicazione o di un servizio software, che rappresenta oltre il 7% dei casi.
“Il numero di attacchi e incidenti è sostanzialmente costante dagli ultimi mesi del 2023 e sembra non risentire della contingenza sociale ed economica, così la motivazione principale degli attaccanti resta sempre focalizzata sul furto dei dati e di denaro”, commenta Domenico Raguseo, direttore Cybersecurity di
Exprivia. “È importante osservare il quadro complessivo dell’andamento tra il vecchio e il nuovo anno e non solo, con la preoccupante crescita – del 50% circa – dei fenomeni complessivi, se paragoniamo l’ultimo trimestre dello scorso anno e i primi tre mesi del 2024 con lo stesso periodo tra fine 2022 e inizio 2023”.
I pazienti italiani sono fortemente interessati all’evoluzione digitale della medicina: il 65% sarebbe disposto a utilizzare una terapia digitale (DTx, ovvero soluzioni digitali validate clinicamente per integrare o sostituire le terapie tradizionali) proposta dal medico curante, in particolare se consentisse di migliorare lo stile di vita e lo stato di salute (77%) e di avere maggior consapevolezza della propria patologia (72%), come emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Life Science Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, svolta in collaborazione con Alleanza malattie rare, Apmarr, Fand, FederAsma e Onconauti. Ma per i pazienti è fondamentale che risponda alle proprie esigenze specifiche (71%) e migliori la relazione con il
medico curante (70%).
Circa metà dei medici specialisti, coinvolti nella ricerca grazie a Consulcesi Homnya, Amd, Ame, Fadoi e Simfer, e dei medici di medicina generale, coinvolti grazie alla Fimmg, sarebbe disposta a prescrivere una terapia digitale se ne avesse la possibilità, soprattutto se certi che il paziente possegga le competenze
digitali per un corretto utilizzo (72% dei medici specialisti e 69% dei Mmg). Tra i principali benefici riconosciuti dai medici specialisti, emerge la possibilità di avere a disposizione un maggior numero di dati a supporto sia della ricerca clinica (68%) che per prendere decisioni (65%).
Strumenti digitali per il monitoraggio a domicilio del paziente, come sensori, app per la salute e real-world data, l’intelligenza artificiale applicata alla medicina personalizzata e le terapie digitali sono gli ambiti d’innovazione che stanno contribuendo a trasformare il settore Life Science.
“L’ecosistema Life science sta affrontando una trasformazione profonda e in accelerazione, dettata dall’innovazione digitale che offre nuove opportunità, ma pone anche nuove sfide”, spiega Emanuele Lettieri, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation. “La trasformazione digitale in
atto impone a tutti gli attori dell’ecosistema Life science di monitorare e comprendere i trend emergenti così come i segnali deboli. Le imprese Pharma, Biotech e Medtech devono investire in nuove competenze e nuovi modelli organizzativi per migliorare la loro capacità di catturare il valore generato dall’innovazione digitale, sia potenziando il proprio portafoglio prodotti e servizi sia migliorando l’efficienza nei processi aziendali e nella catena del valore”.
In Italia non esiste ancora una normativa di riferimento specifica. A giugno 2023, però, è stata presentata una proposta di legge che mira a definire ambiti d’uso per le DTx e istituire organi per la valutazione e il monitoraggio delle soluzioni. In un contesto di incertezza, solo il 18% delle aziende dell’offerta ha già avviato sperimentazioni per il mercato italiano e un altro 27% è interessato a farlo. Per 8 aziende dell’offerta su 10 l’assenza di un quadro normativo specifico a livello nazionale rappresenta la principale barriera allo sviluppo. A seguire, per oltre 7 aziende su 10, l’impossibilità di rimborsare le DTx.
“Per favorire la diffusione delle terapie digitali in Italia, una volta che sarà possibile utilizzarle nel nostro Paese, bisognerebbe coinvolgere già ora pazienti e professionisti sanitari”, spiega Chiara Sgarbossa,
Direttrice dell’Osservatorio Life Science Innovation. “È importante avviare sperimentazioni che consentano di comprendere e misurare i benefici e gli impatti sulla salute dei pazienti, sull’attività del medico e sull’intero sistema sanitario, completando le informazioni offerte dagli studi di health technology
assessment (Hta) sulle terapie digitali che continuano a trascurare la valutazione dell’impatto organizzativo, che è effettuata in circa uno studio su dieci”.
“Il concetto di medicina personalizzata è consolidato in letteratura, ma l’effettiva adozione nella pratica clinica, dalla ricerca clinica alla prevenzione, fino alla diagnosi e alla cura, è oggi ancora poco osservabile“, aggiunge Gabriele Dubini, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation. “Analizzando
le startup che si occupano di medicina personalizzata, emerge che il 58% si concentra sulla cura e, in particolare, allo sviluppo di farmaci innovativi e terapie avanzate, soprattutto per il trattamento di patologie specifiche come oncologia e malattie rare, con investimenti medi a 60 milioni di dollari”.
“L’intelligenza artificiale può supportare e potenziare la medicina personalizzata grazie alla sua capacità di analizzare grandi quantità di dati e di identificare le possibili correlazioni tra dati anche eterogenei”, commenta Alberto Redaelli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation. “In
particolare, l’Ai viene sfruttata dal 55% delle startup attive in questo campo, ad esempio accelerando la scoperta di nuovi farmaci e molecole oppure affiancando il professionista sanitario nella presa di decisioni nel processo di cura”.

Massimo Tortorella